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Gioco e divertimento

Spesso si sente parlare delle perdite e delle vincite al gioco. I cittadini ricchi – o anche abbienti – di cui Vicenza è fornita, non disdegnano di arrischiare denaro al gioco. Sia al gioco minore, quali sono le lotterie, sia al gioco maggiore, quello dei casinò o delle bische.

Qui però desidero considerare il gioco sotto una diversa prospettiva.

Prendo l’avvio dai bambini.

Infatti è risaputo che il baloccarsi è l’attività spontanea e naturale di tutti i cuccioli, sia umani che animali.

Il baloccarsi è il vivere, per loro, che si trastullano liberamente apprendendo molte abilità. È il divertirsi puro, perciò io distinguo il divertimento, che è il gioco proprio dei bam-bini, dal gioco degli adulti.
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Il trastullarsi del bambino e del fanciullo assuma la caratteristica della gratuità, del pieno disinteresse. Il bambino si trastulla, soltanto allo scopo di trastullarsi. Egli si dà al divertimento e ad esso si concede. Quando si balocca, egli è tutto lì, ad assaporare l’avvicendarsi delle fasi del gioco. E quando riprende un divertimento ripetitivo, lo fa per sentirne il piacere, per rivivere sensazioni gradevoli.

La vita del bambino, fino a quando la società non gli impone la fatica della scuola, è dedita principalmente al baloccarsi.

Mi corre il pensiero a Gesù che dice: “Se non ritornerete a ritroso e non diventerete bambini, non entrerete nel regno dei cieli”.

Purtroppo la mentalità occidentale, pervasa da esigenze filosofiche, interpreta la frase di Gesù, osservando soprattutto le qualità del bambino. Non il bambino nella sua concretezza, ma il bambino nella sua astrazione. Allora si parla della semplicità del bambino, della sua immediatezza, della sua purezza, ecc. insomma di tutte le sue qualità astratte, che l’adulto crede di scoprire nel bambino; e poi appiccica queste qualità alla frase di Gesù, per spiegarla.

Invece il bambino concreto è il bambino che gioca, oltre a mangiare, a dormire, a crescere lentamente.

Finora non mi è mai capitato di leggere un commento biblico alla frase di Gesù, sopra citata, che ponga in evidenza e in primo piano il trastullarsi del bambino, che, in realtà, è la sua prima dote operativa.
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Per entrare nel regno die cieli è necessario trastullarsi e baloccarsi, godere e divertirsi. Il bambino prende Dio, come egli prende il padre o lo zio: compagno di giochi o di scoperta ammirata degli oggetti e delle persone che lo attorniano.

Ritornare bambini si identifica con il riprendere il divertimento. Divertirsi e gioire dentro una società nevrotica e sempre più pervasa di criminalità. Saper trastullarsi dentro un mondo che odia e che è intento soltanto a guadagnare.

Eccoci arrivati dunque all’altra faccia della medaglia: il gioco degli adulti.
Ciò che risalta, nel gioco degli adulti, è la non gratuità e l’interesse. L’adulto non gu-sta il gioco per il piacere del gioco, ma per altri scopi. Scopi che vanno dai più innocenti ai più perversi.
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Si gioca per liberarsi dal tedio della vita quotidiana o del superlavoro.

Si gioca per essere i primi, si gareggia per il premio, si compiono sacrifici per lo sport e per vincere alle Olimpiadi. E si sa che il premio non consiste in un ramino di olivo o in un bacio della bella castellana, ma in gruzzoli da depositare in banca o da sperperare a piacere.

Si gioca per guadagnare denaro (o per perderlo). Si giocano talvolta forti somme. Se si può. Si bara al gioco.

In ognuna di queste specie di gioco non si gioca per giocare, ma per altro: per il guadagno, la gara, la ricreazione. Il gioco si trasforma in uno strumento per raggiungere altri scopi, che non sono il mero gioco, valore in sé e vita che si attua.
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Purtroppo questi interessi nel giocare stanno invadendo anche il trastullarsi dei bambini o il ricrearsi della famiglia o degli amici.

Fin da quando sono piccoli, i bambini vengono distratti dal semplice trastullarsi. Infatti la famiglia, la scuola, la società introducono precocemente il bambino nel gioco competitivo, che non è affatto un baloccarsi gratuito, ma un vincere sugli altri per diventare campione. Non ci si accorge che proprio lo sport (ormai inteso più o meno apertamente quale competizione) sta rubando la fanciullezza ai fanciulli, per renderli “produttori di risultati”. Nelle scuole perfino la ginnastica, questo libero esprimersi corporeo, riceve un voto.

Questa corruzione dei bambini, non è seconda ad altre corruzioni.
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Ma anche nelle tranquille serate in famiglia o tra amici, non si gioca se non si mette in posta del denaro.

Si dice: “Si trova più gusto, se si gioca a denaro”. Ed è vero. Ma ciò accade semplicemente perché si è perso il gusto delle cose piacevoli di per sé, il gusto del puro divertimento.

Insomma anche nel gioco, l’adulto dimostra quant’è lontano da quel “se non ritornerete indietro e diverrete bambini, non entrerete a far parte di me, Gesù”.

GCM 17.08.96