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Tradizione e Scrittura

Ormai è chiaro che lo slogan “sola scriptura” è un po’ logoro. Dalla storia diacronica della Bibbia, abbiamo appreso che il testo scritturistico, soprattutto quello dell’Antico Testamento, si forma e si riforma (oppure trasforma?) lungo i secoli. E si forma su due basi: la tradizione orale e le nuove esigenze della cultura. La Scrittura cristiana è frutto della comunità, e si fa criterio di verità, proprio sulla base dell’esperienza passata di una comunità. Esimerci dalla Scrittura è dissennato, come il credere che la Chiesa e il Cristianesimo siano fondati sulla “sola Scriptura”.

Pur distinguendo tra Scrittura e tradizione, è impossibile scinderle. Anche oggi si parla del “sensus fidelium” per accennare in qualche maniera alla tradizione. Anche il celebre detto del papa Gregorio Magno (che proprio oggi è ricordato dalla liturgia), il quale recita “la Scrittura cresce in colui che la legge”, è una delle variazioni della tradizione.

Amare la Scrittura è possibile solo con il cuore intriso di tradizione. Infatti è perché ci troviamo nell’alveo della Chiesa, che pratichiamo uno dei modi della lectio divina. Se la tradizione della Chiesa e delle chiese non ci spingesse a leggere la Scrittura, questa resterebbe un magnifico spartito senza esecutori.

Trascurare, comunque, la lettura della Bibbia è contemporaneamente uscire dalla tradizione. Come senza tradizione (“chiedetelo ai vostri padri e ve lo diranno” ci suggerisce il salmo) non si è formata la Scrittura, così la tradizione che ci spinge a leggere la Scrittura, mantiene viva ed efficace la Scrittura. Tradizione e Scrittura sono più che due braccia di un unico organismo. Esse sono intrecciate tra loro per mentenersi vive.

GCM 03.09.11, pubblicato 11.01.12