La preghiera è un bisogno
irrinunciabile dell’uomo. Chiedere, lodare, ringraziare. Tutta la vita
di relazione tra le persone si intreccia del richiedere, del lodare,
del ringraziare.
Se con il Padre esiste un rapporto, esso si
esprime nei termini usuali dell’uomo. Quei termini che Gesù esprime
molto bene nella nota sua “preghiera sacerdotale”, come è riferita
dall’evangelista Giovanni. Pregare è la mera manifestazione del
rapporto di figli con il Padre.
La preghiera può essere
stimolata o dalla teologia o dalla spiritualità. E’ l’anello tra i due
poli, capace di elevare la teologia al livello della spiritualità, e di
offrire alla spiritualità l’occasione di esprimersi anche in termini
teologici.
Stimolata dalla teologia o dalla spiritualità, la preghiera comunque è un movimento dello Spirito Santo.
Il
mattino mi sveglio e ringrazio il Padre, o invoco Gesù, e perciò stesso
sono attivato dallo Spirito Santo. Scrivo una semplice frase su Gesù,
ed è lo Spirito che opera in me. Quella frase ha una consistenza di
eternità, e mi lancia nel seno del Padre.
La mia preghiera, più
che le mie idee o riflessioni, mi assicura che lo Spirito Santo è
presente e operante in me. Ecco perché, quando mi rivolgo al Padre o a
Gesù, per chiedere perdono per i miei peccati (quante volte nella vita
ho peccato di non fiducia in Dio, durante le mie difficoltà!), io sono
purificato immantinente: lo Spirito opera nel mio pregare e rende
“grazia” l’azione della mia preghiera. Sono in “grazia”.
GCM 17.05.05