“Allontanati da me; sono un peccatore”. Pietro, da buon ebreo, è convinto che la malattia, soprattutto la lebbra può imbrattare il sano che tocca il malato: il contagio del male. Gesù invece “tocca” (come nota il testo) il lebbroso e lo guarisce: un contagio capovolto.
Pietro peccatore teme, da buon religioso, di imbrattare Gesù, quel Gesù che Pietro riconosce santo.
La reazione di Gesù: “Non temere!”. Gesù vuole che Pietro esca dalla religione del timore. Poi lo inserisce nell’amore, quello che genera salvezza: “Sarai pescatore di uomini!”. Mi accompagnerai nella mia opera di salvezza. Ti contagerò del mio amore per gli uomini.
Dalla paura di imbrattare il santo, alla sicurezza di essere purificati e rafforzati dal santo.
“Non temere”: dice Gesù, perché sa che il timore viene dalla paura di toccare Dio. Ricordiamo Mosè.
Purtroppo questa paura di imbrattare le cose sante, si è infiltrata anche in alcune situazioni dentro il cristianesimo.
Il digiuno eucaristico. Paura che la particola tocchi altri cibi nello stomaco, secondo i dettati di una certa fisiologia.
La barzelletta (vera) del santo che manda due chierichetti con i candelieri ad accompagnare una persona che, appena ricevuta l’Eucarestia, si accinge ad uscire di chiesa.
Le confessioni dei peccati veniali e degli scrupoli prima di “fare la comunione”.
La infinita teologia dei sacrilegi, se toccate o usate le “cose sacre” in modo inadeguato.
Gesù dice: “Non temere!”. Va’ e agisci.
05.09.19