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Conventualità e nascondimento. 8

Condizione per un amore reciproco, è la conoscenza reciproca.

Perfino Dio, l’Amore, esigeva la conoscenza di sé, per ricevere amore. Non conoscerlo è non amarlo, bensì ignorarlo o tutt’al più temerlo. Già nel profetismo ebraico Dio ha fatto trasparire la sua bontà, per sollecitare l’amore. Profeti e salmi indicano chi è Dio, per tributargli amore.

Quando Dio ha voluto farsi conoscere intimamente per intrecciare dialoghi di amore con i propri figli, si è svelato totalmente attraverso Gesù. La rivelazione è indirizzata all’amore. Amore donato nello scoprirsi totalmente, nel suo pieno denudarsi davanti all’uomo, per mostrare quanto lui ama e a quali cime di amore l’uomo può arrivare, nell’elevarsi fino all’amore di Dio.

Così nel convento. Conoscerci davvero per amarci davvero.

Ma intorno al conoscerci si assiepano molte resistenze, che non sono dovute solo al pudore.

La prima resistenza è prodotta dalla educazione al moralismo, di cui abbiamo già scritto.

La seconda è dovuta alla riservatezza, inculcata come virtù parente dell’umiltà. Ciascuno deve rimanere  chiuso in se stesso: educazione a un egoismo pio, dove i doni di Dio devono restare nascosti. Il contrario di quel “vedano le vostre opere belle” indicato da Gesù.

La terza è l’opposto: vantarsi di quelle azioni, e solo di quelle, che ci facciano apparire belli davanti agli altri. Così si nasconde la maggior parte della nostra interiorità, che è l’opposto della verità e della luce.

Troppo riservati, chiusi nel nostro guscio per poter davvero amare ed essere amati.

GCM 09.07.13