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Lectio divina, ancora

Quando ci dedichiamo alla lectio divina (lettura della Parola di Dio scritta nel Nuovo e nell’Antico Testamento), credo sia opportuno rammentare, fin dall’inizio, che in noi c’è Gesù. Perciò la lectio è uno scoprire il Gesù che è in noi, ossia ciò che noi siamo in lui.

La lectio divina ci presta un doppio servizio, se la compiamo in un’atmosfera di preghiera. Essa adempie ai due scopi indicati da S. Agostino: “Noverim te, et noverim me” (che io conosca te, e che io conosca me).

Al conoscere me contribuisce anche la ricerca psicologica, la quale però non è in grado di scrutare oltre l’inconscio. Però c’è in me una zona più profonda, là dove si attua la mia unione, o almeno il mio contatto con Dio. Questa è la zona della “grazia”: la grazia infinita è lo Spirito Santo. Or bene, in questa zona entra solo l’occhio rafforzato dalla luce dello Spirito.

La lectio divina, attivata dallo Spirito che impregna e vitalizza la Parola di Dio, ci aiuta a vivere questa “zona ulteriore” scoprendola.  Perciò la lectio divina è pretta preghiera, nella quale uomo e Dio si incontrano, e l’uomo ascolta Dio e  gli parla con il cuore aperto. La riflessione sulla Parola letta o udita non è semplice pensiero umano, ma è l’uomo, eccitato dallo Spirito insito nella preghiera e nella lettura, che si “adatta” alla voce di Dio e se ne lascia informare e formare. Nella lectio tutto è divino: la parola e la risposta, eccitata dalla Parola.

Perciò è ovvio il fornirci di libertà interiore, quella libertà che si materia di silenzio.

GCM 20.09.12