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Peccato e amore

Giorni fa ebbi la grazia di meditare sul peccato, considerato sotto l’aspetto del tradimento dell’amore di Dio. Non il peccato visto come la semplice trasgressione di uno o più precetti o comandi.

Oggi ne ho avuto una quasi riconferma.

Infatti, durante il mio periodo di ferie tra il verde e con la carezza del sole, mi va anche di sgranchirmi lavoricchiando nel prato oppure nel bosco. Chi mi vuol bene, conoscendo che il bosco nasconde anche qualche pericolo, mi raccomanda di evitare alcune azioni, che pure io trovo fattibili e addirittura piacevoli. Eppure davvero evito quelle azioni, se non altro, per non dispiacere a chi mi vuol bene.

Per me è come una controprova, molto elementare eppure significativa, di che cosa è il peccato: è tradire l’affetto e la fiducia di chi mi vuol bene. Se, in pratica, è non evitare un pericolo o una distorsione, in realtà è tradire chi quel pericolo me l’ha indicato e mi ha pregato di evitarlo. Se non lo evito, tradisco l’amore di chi mi vuole salvo.

Se restringo il peccato sotto la semplice luce del trasgredire un comando, il mio cuore non gioisce al pensiero di aver fatto un piacere a chi mi ama. Se il rapporto tra Dio e me, tra Dio e noi tutti, è un rapporto d’amore, allora tutto si colora di amore, anche l’evitare il peccato. E tutto si colora all’opposto, come un tradimento d’amore, quando si commette il peccato.

Evidentemente qui si parla di vero peccato, non delle quisquilie dello scrupoloso.

GCM 08.08.14