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Reciprocità e gioia

Mi è tornata in mente la semplice frase di Gesù: “Fate agli altri, ciò che volete sia fatto a voi”, nell’incontro con una signora di una certa età.
Ella mi tenne al telefono per molti minuti, parlandomi, come l’acqua che esce da un tubo rotto, e dicendo che nessuno l’ascoltava, che non poteva parlare con nessuno: che nessuno l’ascoltava, neppure i preti (poveri martiri moderni!).
Non s’era mai chiesta se erano gli altri incapaci, oppure se lei si rendeva intollerabile. Tutti la sfuggivano: quindi, per lei, il mondo intero era fuori posto.
Non si era mai chiesta che cosa non funzionava in lei, perché tutti la sfuggissero.
Non sapeva che per intrecciare un colloquio, la prima condizione non è quella di parlare, ma quella di ascoltare e perfino di tacere.
Si lamentava che nessuno l’ascoltava, e non ricordava che era opportuno fare agli altri quell’ascolto che pretendeva fosse fatto a lei: dare ascolto per ricevere ascolto.
Questa non è solamente carità, ma è anche un autentico tornaconto. Anche perché il bene che compiamo torna a noi, come pace e soddisfazione. Come il male ritorna a noi, se lo commettiamo, perché chi pecca – ci avverte Gesù – diventa schiavo del proprio peccato. Chi pecca entra, ipso facto, nella morte.
Gli avvertimenti del nostro Gesù sono prima di tutto strada per la nostra serenità, ossia per la nostra salvezza.
Fare agli altri ciò che desideriamo sia fatto a noi. Ed eccoci salvi.
10.08.19