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L’arte dell’accoglienza

Il testo greco originale è chiaro: “Ero forestiero [non ospite soltanto] non mi accoglieste” (Mt 23, 43).
Respingere lo straniero comporta un rischio non da poco: “Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno” (Mt 23, 41).
Tra respingere meramente, e accettare a occhi chiusi, si insedia il verbo “accogliere”. Accogliere in modo da adattare lo straniero agli usi e ai costumi dell’accoglienza. Non può lo straniero imporre il suo modo di agire. Questo richiama un po’ gli eserciti vincenti che impongono potere e soppressioni.
Certamente chi respinge lo straniero, si assume una responsabilità grave, che nessun lavaggio sacro o nessuna immagine religiosa sono in grado di purificare.
Per la coscienza di un vero cristiano il respingere il forestiero (non il turista, che porta soldi!) provoca un problema di coscienza. Evidentemente chi approva la respinta dello straniero, si accoda alla maledizione di Gesù: “Via da me!”.
Ci sono persone, le quali accolgono e aiutano a inserire lo straniero nel contesto sociale, inedito per lo straniero. Mi sovviene la Comunità di S. Egidio.
Per chi non si trova implicato personalmente nell’accoglienza, resta il dovere di appoggiare chi accoglie, con mezzi concreti e con quella infinita risorsa, che è la preghiera.
Per i ricchi e le nazioni ricche Dio, nella sua bontà, può aiutare alla conversione dell’accoglienza.
15.11.19