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Guardare avanti

Gli Ebrei, al tempo di Mosè, erano proprio come noi. La loro prospettiva consisteva nella libertà e nella sistemazione definitiva, dopo un viaggio, alquanto accidentato. Nel cammino trovano difficoltà. Anziché affrontarle con l’aiuto di quel Dio che li stava aiutando vistosamente, essi si lamentano, preferiscono il ritorno alla schiavitù piuttosto che una libertà conquistata con impegno e con coraggio; cibati delicatamente, si lamentano della cucina divina, che non offre cibi più pesanti. Dio li conduce con amore e con chiarezza, ed essi, ingolfati nel presente, dimenticano la meta promessa e assicurata da Dio.

E noi, pur avendo assicurata la prospettiva del Paradiso, ci ingolfiamo in un presente, accontentandoci di appagamenti anche dolci, ma effimeri, e spesso pagati a caro prezzo. Ci imbraghiamo in un presente a porte chiuse.

Siamo forse senza prospettive esistenziali, o agiamo come se esse non ci fossero. La nostra prospettiva è il ritorno tra le braccia del Padre, proprio come la prospettiva di Gesù e dei santi e della Chiesa. Prospettiva che ogni giorno si avvicina di più. Forse il cammino non è sempre liscio, talvolta è proprio scabroso. Eppure giorno per giorno essa si fa più sicura.

Per pregustare la dolcezza finale del punto di arrivo, ecco il sapore dell’Eucarestia. L’Eucarestia che esalta, rinforza, illumina, perché essa è Gesù che esalta (quando sarò elevato da terra), che rinforza (non temere, piccolo gregge), illumina (Gesù trasfigurato in sé e nella Chiesa). Prospettiva riattizzata quotidianamente dal Vangelo. Prospettiva, comunque, ineludibile; oggi giorno appoggiata nel nostro cuore.

15.03.16