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Pentimento e amore 

Il pentimento è fonte di purificazione e di gioia. Pentirci, per un errore commesso, specialmente se è relativo a Dio, è la via per ritornare all'innocenza o, almeno, a quella figura di noi, che nella vita, abbiamo formulato.

Il pentimento è veicolo alla pace. Esso tende a ricomporre l'armonia perduta o lesionata. Il rifiuto del pentimento mantiene una vita lacerata. Esso è il richiamo alla gioia della pace.

Talvolta, o spesso, il pentimento è nutrito dall'umiliazione, e perfino dall'umiltà. Quando il bruciore dell'umiliazione (connesso con l'orgoglio) si stempera nella dolcezza dell'umiltà, il cuore si allarga, perché l'umiltà, è un sublime dono dello Spirito. Noi non siamo molto propensi all'umiltà, però quando l'umiltà si insinua nel nostro cuore, si insinua la pace.

Il pentirci è una sublime qualità umana. Eppure un piccolo passo più in là ci immette anche nel recinto magnifico del “Dio misericordioso”. Il pentirci spesso è chiuso in se stesso, e può marcire in depressione. Però se il pentirci si rivolge a Dio e si lascia illuminare dalla sua bontà, diventa confidenza e abbandono. Ossia dolcezza luminosa.

Il pentirci si eleva quando ci pentiamo per i nostri peccati. Ossia quando diventa dialogo. Il dialogo con una persona, che ci conosce e ci comprende, alleggerisce ogni pena, anche senza cancellarla. Però il dialogo aperto e sentito con Dio, si apre non solo all'alleggerimento, ma alla assoluzione.

Insomma, alla fine tutto si risolve nell'amore: amore a noi stessi, fomentando la nostra serenità; amore a Dio e di Dio, nell'abbandono della fede.

21.05.15