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Il sorriso nei riti 


Quando la vita diventa rito, si intristisce.

È questa un’esperienza quotidiana. L’Eucarestia, presenza viva e vivificante di Gesù tra di noi. Gesù volle essere per sempre con noi, per alleggerire e per illuminare la nostra giornata e la nostra vita, e noi lo incateniamo dentro preghiere biascicate con toni dimessi, da ergastolani. Non un sorriso nell’incontro con il Risorto vittorioso, ma musi lunghi per paura di perdere la concentrazione.

Fosse vera concentrazione, che non si arresta alle frasi, ma che penetra nel significato esistenziale delle frasi! “Questo è il Corpo di Gesù” dice chi dona la particola. Abbiamo mai visto che alla presenza si Gesù si illumini la faccia ed esca dalla bocca un riconoscente e sorridente. “È vero!”, ossia “Amen”? Messe ridotte a rito! Dove si è cacciata la gioia del nostro incontro con il nostro vero Amore?

Stamani, alla frase del prefazio, la richiesta del testo diceva: “Esultanti proclamiamo!”. Orbene ho visto tutti i presenti a testa bassa, con un tono di voce da cataletto pronunciare l’entusiasmo dell’esprimere la grandezza di nostro Padre, biascicando il “Santo, santo, santo” come fosse un inutile rito, passato il quale, si va avanti, verso la fine della messa.

Il castigo della ritualità ripetuta, è la tristezza. Più i riti sono importanti, più il cuore si sente lontano, e le emozioni sono giudicate inutili, se non addirittura sconvenienti.

Perché le nostre chiese sono tristi schiave del rito, e attendono concerti o spettacoli, o, peggio ancora, la schiamazzata del "Risus Paschalis” per permettersi un po’ di sorriso e di allegria?
Allegria durante i riti!

06.04.17