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Disperazione personale e sociale  

La disperazione induce a vendicarci anche di noi stessi. Non ho conseguito quel bene psichico, fisico, sociale, religioso che mi ero proposto? Cado allora nello sconforto della disfatta, e accompagno quasi istintivamente la disfatta peggiorandola. Non ho raggiunto la passione per la donna o per l’uomo? Allora o mi getto dalla finestra o getto il partner dalla finestra. Suicidio oppure omicidio, o tutti e due.

Non ho raggiunto la perfezione morale o religiosa, immaginata durante la mia adolescenza? Allora distruggo me in quanto religioso, proclamandomi ateo; oppure distruggo la mia vita morale, dandomi all’orgia o peggio. È quanto i giornali riferiscono accaduto nella diocesi di Padova, di Napoli, o di Vicenza, proprio all’interno del clero. La disperazione rende suicidi moralmente.

Disperazione. C’è salvezza? Sempre, se si aprono gli occhi e si guarda verso il cielo. Allora si vedono le braccia di Dio aperte, e lo si ringrazia anche per l’incidente, che ha presentato agli occhi di tutti la rovina della disperazione. Allora o si progetta rivalse e vendette, o si apre alla confidenza sia nel Padre, che nelle persone che possono capire e perdonare i nostri errori.

La corruzione dei costumi (ladrerie e dissesti sessuali) si accompagna all’aumento dei suicidi. Sono essi le due facce di una società disperata. I santi e i credenti non si rivolgono né a suicidi fisici, né a suicidi morali. In loro c’è l’accettazione delle proprie debolezze e della “connessa necessariamente” misericordia di Dio.

Quanta disperazione serpeggia nelle cosiddette legislazioni moralmente permissive!

 19.02.2016