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Divenne uomo

  Mi sono spesso trovato a disagio, e mi trovo a disagio ogni giorno quando qualche mio confratello, digiuno di greco e di latino, recita l’Angelus Domini in italiano.

Mi reca un certo fastidio quel “Il Verbo si fece carne”. Il testo originale non nota un’azione, per quando riflessiva, bensì un verbo intransitivo: divenne carne, ossia uomo. Il Verbo, dice, si trovò carne, non si fece carne. Fu uomo.

Il “si fece” specifica un’azione, il “divenne” indica una situazione. In realtà, come ogni misteriosa opera di Dio, noi costatiamo il fatto, ma il come di un agire resta nascosto. La meraviglia, e la successiva contemplazione nascono dal trovarci di fronte al fatto.

Ciò si riferisce a ogni azione di Dio, soprattutto nei riguardi della risurrezione di Gesù. Come è risorto: non si può sapere. Invece è certo che è risorto. Gesù risorse, non si fece risorgere.
Mi è più agevole constatare le opere di Dio, che sono davanti ai miei occhi, che non pretendere di immaginare come Dio fa essere. Mi è molto più dolce l’ammirare la natura, che chiedermi (senza mai scoprirlo) come Dio ha creato. Anche il racconto mitico della creazione, riportato nel libro del Genesi, se la sbriga con due verbi: “Disse e divenne”.

Mi reca ancor più stupore il “Venne ad abitare tra di noi”, mentre il testo originale esprime solo il fatto: “Abitò in mezzo a noi!”. Se “venne” (verbo di moto a luogo), allora c’era già prima e altrove (in corpo!) e poi intraprese il viaggio. No: lo si trovò tra di noi, come feto poi come struttura umana completa. Quando Gesù usa la frase “sono venuto per…” parla di un incarico, di una missione, che fu espletata anche con il muoversi nelle regioni della Palestina. Gesù si trova. E questo accende in noi, fede e confidenza