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Bambini

Gesù ha donato un manuale di vita cristiana, che poi è copiato nei Vangeli.

I Vangeli copiano Gesù. Lo copiano così bene, che ce lo trasmettono vivo e operante.

Gesù, inoltre, indica un manuale che tutti possono leggere, anche coloro che non conoscono il Vangelo.


     Nel Vangelo leggiamo che i discepoli durante il cammino “avevano discusso tra loro chi (fosse) il più grande” (Mc 9,34).

Gesù allora enunciò la “sua” regola: “Se qualcuno vuole essere primo, sarà di tutti l’ultimo e di tutti servitore”. Regola chiara, che però poteva rimanere astratta. Per giungere al concreto, Gesù “avendo preso un fanciullino pose lui in mezzo a loro e, abbracciandolo lui, disse a loro “Chiunque accoglie uno di quasti fanciulli in nome mio, accoglie me; e chiunque accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi inviò”.
 

E’ chiaro: il bambino è la misura iniziale. E - credo sia ovvio - il mondo è zeppo di bambini. I bambini sono l’indicazione basilare per giungere ad accogliere Geù. Non conta conoscere di quale razza siano; sono bambini? E allora sono la lavagna sulla quale Dio scrive il nome e il vivere di suo Figlio.
I bambini, nella loro spontaneità, ci devono guidare nella via di Dio.
E invece... Ecco la disgrazia dell’educazione. Educare, cioè “tirar fuori” dal bambino il suo essere. L’essere del bambino è, prima di ogni altra qualità, la vita. La vita è il dono di Dio, dove Dio è più presente che in altri doni. Anche Gesù si dichiara “vita”.

L’educazione è lo sforze per introdurre il bimbo nella società: così recita ogni manuale di pedagogia. Però si impone esigente una terribile domanda: quale società? quella malata e corrotta nella quale faticosamente nuotiamo?                               

GCM 22.02.12