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Morte, fine e rilancio

S. Ambrogio, nel ricordare il fratello morto, dice che la morte è il rimedio della vita.

Dopo aver ricordato la vita, irta di difficoltà e di dolori, egli dice che non è desiderabile vivere per sempre nelle sofferenze, e che la morte è liberazione dalle sofferenze: rimedio, appunto.

Sotto una prospettiva alquanto scorretta, i suicidi vivono la morte come rimedio, pur non sapendo che il suicidio non è una fuga dal male, ma un’aggiunta di male.

L’altra faccia della morte, quella che riguarda il dopo, è una
faccia radiosa. Quella di qua è oscurata dalle considerazioni sui mali, quella dopo è illuminata di gioia. Morte, punto discriminante: ultimo male, primo bene.

Sotto quest’aspetto la morte è speranza. La speranza cristiana è certezza e attesa. La speranza umana è un desiderio verso l’indefinito e il probabile. Mentre la speranza cristiana è certezza fondata sulla fede, la fede è fondata su Gesù, uomo-Dio, risorto e vivo.

La morte, che libera dai mali della vita, per lasciarci liberi nella nuova vita, è un principio, che non è tale se “prolunga” nell’eternità ciò che già esiste; essa è principio assoluto, immersione nel tutto definitivo e pieno da subito.

Per chi crede, la morte è semplicemente risurrezione. Alla fine del presente ordine della nostra galassia o del nostro sistema solare, il Padre non ci lascia scomparire neppure con il corpo. Egli salva il nostro corpo, antico e nuovo, immettendolo nella realtà della persona indiata.

Non esiste il buco nero per i figli di Dio, perché non esiste per Gesù, assunto in Dio... per non mai più morire.

La nostra speranza è illuminata e sorretta dalla Risurrezione di Gesù, morto risorto asceso a Dio.                 

GCM 02.11.12