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Santi, ossia cristiani allegri?

Uno scrittore di ascetica per i religiosi, e religioso lui stesso, scrisse che nei conventi i santi sono tutti accigliati, seri, taciti e musoni. Mentre i frati comuni sono sorridenti e festosi. Forse quello scrittore non notò che alcuni di quei santi, tutti preghiere silenzio e digiuni, sono arrivati all’apice della santità con il suicidio.

Conseguenza: non entrare in convento per farsi santi, ma semplicemente per amare Gesù nelle condizioni in cui ci troviamo. Lasciamo che il buon Padre faccia santi gli altri.

Al tempo di Gesù i santi farisei, seguivano digiuni e austerità, e rinfacciavano a Gesù che i suoi discepoli non seguivano l’austerità dei digiuni. Gesù ribatté: “Lasciateli, che se la spassino fino a che possono. Poi arriverà anche per loro il momento della prova”.

Gesù ricordava che Giovanni Battista era un asceta austero. Però i benpensanti lo tacciavano da indemoniato. In quel caso, l’ascesi dura era creduta opera del demonio. Si aggiunga che Gesù non era un asceta duro e puro, e di lui, che mangiava e beveva, dicevano che era un poco di buono: “Mangione, beone, amico dei peccatori e delle prostitute!” Da cui si desume che Gesù non era un asceta austero, tranne che all’inizio, quando, dopo il battesimo, si ritirò fuori dell’abitato, dove subì gli allettamenti del satana, proprio durante il periodo escetico.

I direttori spirituali indicano ai devoti la via della santità. Spesso non s’accorgono che la santità, intesa da loro, deve dipendere dagli sforzi delle persone (accigliate!). La santità voluta da Dio, si infila nel nostro vivere quotidiano, se questo è sperimentato come un restare con il Padre che ama, e che progetta per noi una vita che quasi mai ha a che vedere con la santità dei manuali d’ascetica, o dei direttori spirituali.

GCM 04.01.13