HOME

Home > ITINERARIO e PSICOLOGIA > Articoli 2013-01 > Fallimento

Fallimento

Mi lasciano un po’ perplesso le affermazioni dei teologi, i quali per descrivere la “dannazione” evitando la vecchia parola “inferno” parlano di una caduta nel nulla, dalla quale ci salva Gesù redentore. E se Gesù non salvasse dal nulla?

È lampante che il nulla è un concetto ambiguo. Esiste il nulla? Evidentemente il nulla non esiste, perché se esistesse sarebbe un esistente, e nessun esistente è nulla. Dando al nulla un’esistenza, si annienta il nulla proprio perché esiste.

Il nulla esiste sì, ma nella nostra fantasia, che lo immagina come vuoto, nero, informe. Però il vuoto è solo una contraddizione astratta della realtà che percepiamo, ossia l’unica esistente.

Nel nulla non si può cadere, perché il nulla non esiste.

E allora che cos’è questo inferno?

Essendo una realtà oltre il tempo e oltre lo spazio, non è né descrivibile, né intuibile.

Forse, cercando di intuire la … fine del peccatore, ci torna utile ricordare, con il Cardinale Martini, che il peccatore (chi è?) è colui che evita di vivere secondo lo scopo della vita umana. La vita umana si “completa” in ogni sua possibilità e in ogni sua dimensione immergendosi, risorta, nel Padre.

S. Agostino: ci hai creato per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto se non riposa in te. Dio è lo scopo finale dell’esistenza umana. Chi, a causa del peccato, non è indirizzato a Dio, non lo raggiunge. Perciò lo scopo principale del vivere umano non è raggiunto. L’esistenza resta inappagata, e patisce nel proprio intimo l’allontanamento dalla gioia e dalla completezza del “naturale” essere condotti al Padre, attraverso la via che è Gesù.

Sarà inappagamento, sofferenza di un’esistenza bloccata dal raggiungere il suo scopo. Quale sofferenza? Non lo sappiamo.

GCM  30.05.12