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Morire nella luce

Se è vero, come dice la tradizione ebraica, che la morte è il bacio di Dio, che ci aspira in lui, si può comprendere anche il “cupio dissolvi et esse cum Christo” di S. Paolo.

Non è tanto entrare nella gloria e nel premio, ma la sostanza della gloria, che si condensa nell’essere con Gesù nell’unico seno del Padre.

Altre religioni designano la morte come termine di ogni male (ed è vero), come riflusso nel nulla (e non è esatto), come perdita dell’identità personale (ed è un disastro).

Per noi la morte è quel “bramo di perdermi per essere con Cristo”.

Ma chi non conosce e non ama Gesù, non può bramarlo. Amare Gesù è la più bella preparazione a rendere la morte dolce, addirittura desiderabile.

Anche sotto questo aspetto Gesù è la via, che immette nella verità, ossia nel Padre.

Si dimentica Gesù, perché si vuole dimenticare la morte. Si conosce e si ama Gesù, per bramarlo ulteriormente giorno dopo giorno nel tempo, per poi amarlo nel giorno eterno.

Conoscere e amare Gesù, per i bambini è spontaneo. Poi diventiamo adulti, educati da balilla o da pionieri, da sportivi o da drogati (anche lo sport è una droga con o senza doping), da veline o da miss, e Gesù scompare dal nostro cuore e dal nostro orizzonte.

Allora la società, che ci ha tolto Gesù, ci inietta la paura della morte con le medicine di lunga vita.

Gesù solo è la “lunga vita” perché Gesù è la vita, vita abbondante, vita eterna appunto.

GCM  27.08.10