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Nell’angoscia grido

L’angoscia è di casa tra di noi. Angoscia esistenziale, impotenza, affievolimento del senso di Dio, peccato.

Nell’angoscia ho invocato il Signore, ed egli mi ha soccorso: ci suggerisce il salmo. Nell’angoscia si apre il momento dell’invocazione, talvolta piangente, e della speranza. Se nell’angoscia nasce la speranza, l’angoscia è provvidenziale.

Non è detto però che l’angoscia sperante non sia dolorosa, non faccia provare il senso del vuoto. Proprio allora l’invocazione a Dio che salva ha consistenza e collocazione.

Dal profondo grido a te, o Signore. Questa è frase del salmo. Non evito il profondo, lo accetto; eppure esso mi offre l’occasione di “gridare a te!”. Grido, ossia invocazione angosciata. Grido, quasi liberazione del bruciore di quella solitudine profonda, quando temo sia solitudine da te, o Signore.

Prostrati nell’impotenza, resta soltanto il ricordo del Padre. È scomparsa la dolcezza della sua presenza, la soavità del dialogo. La parola diventa grido.
Nell’afflizione scorgiamo il “Dio nostra salvezza” della Bibbia. Molte sezioni della salmistica sono un grido a Dio, perché “venga in nostro soccorso”.

Queste parole dei salmi si gustano di più, forse più profondamente, proprio quando si è in angustia o in depressione. Infatti anche durante la depressione lo
Spirito è attivo, anche perché lo Spirito si adatta alle stagioni psichiche dell’uomo, e stimola a salmeggiare nel giubilo, e a invocare (grido?) nell’angoscia.

C’è un grido del cuore sofferente, che è più alto del grido della voce. E Dio che vede nei cuori, sa come ascoltare.

Gioia e dolore, tutto è provvidenza nell’amore di Dio.

04.04.14