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Lite e avarizia

Quando gli uomini vogliono sfogare la loro passione di baruffare, non lo fanno per conquistare il mercato, per annettersi il Nepal o la Crimea, per vincere l’opposizione politica. Lo fanno anche per accaparrarsi il cadavere di una persona speciale.

Accadde anche al povero S. Antonio di Padova. Dico “povero”, perché dopo la morte non poté almeno in quell’occasione far da paciere, come aveva fatto durante la vita. Ironia della storia.

Il suo cadavere era conteso tra Padova Nord, dove era morto (Arcella), e Padova Sud, dove era il suo conventino. L’entusiasmo aveva sconfitto la ragione e la pietà. Vinse Padova Sud, per una imposizione di forza.

S. Antonio non poté godere la pace dei primi giorni di “pace eterna”. Lo spirito di litigio, è dettato e stimolato dallo spirito di possesso. Possedere il cadavere di un santo, significava erigere un santuario, con tutto l’indotto proveniente da “candele” e pellegrinaggi. Decisamente non una pura azione di pietà.

Il fondo di ogni litigio è la libidine di possesso. Gli opposti non sono Dio e il Satana (secondo le teorie zaratustriane), ma Dio e il Mammona (secondo le teorie di Gesù di Nazareth). Uno dei conoscenti di Gesù scrisse: “Da dove le guerre e gli alterchi tra di voi? Non forse di qui, ossia dai piaceri vostri, che sono lo strazio delle vostre membra? Bramate e non avete, uccidete e nutrite l’invidia se non potete ottenere” (Gc 4, 1-2).

Giacomo, apostolo di Gesù, fa un’analisi dei comportamenti scorretti tra i cristiani, e scopre la bramosia del possesso come causa delle liti.

Il cadavere di S. Antonio ne conobbe la veridicità.

05.06.14