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Fede e sacramento

Tutti corriamo il pericolo di incappare nella situazione espressa da Gesù: “Guardando non vedano, e ascoltando non intendano”. Chiediamo alla bontà di nostro Padre misericordioso, che ci aiuti a guardare e vedere.

Corriamo il pericolo di immettere la parola di Dio nel ristretto perimetro delle nostre idee, del nostro concetto di vita religiosa o di fede.

La cristianità, che sembrava toccasse ancora Gesù, recentemente risorto, si reggeva, con semplicità (come ci ricordano gli Atti degli Apostoli) nella fede in Gesù, persona e annuncio, si radunava per sperimentare la presenza di Gesù nella “santa cena”, nella quale e dalla quale desumeva la bellezza dell’agape, della carità reciproca.

Amore nella Parola e nella presenza eucaristica.

Mi chiedo: perché ho perduto la gioia della semplicità primitiva, che nutre sicurezza di fiducia nell’annuncio del Verbo e amore nel raduno in Gesù presente?

Che cosa mi ha fatto perdere quella gioiosa semplicità, voluta e prodotta da Gesù? Probabilmente la mia testardaggine, favorita da molti precetti e da molte leggi.

Le leggi, di qualsiasi tipo non liberano il cuore, ma rinchiudono le persone dentro un tragitto obbligato, che spesso produce l’indurimento del cuore, creato da Dio e rifatto da Gesù per la libertà.

Troppo spesso mi sento frenato e incatenato dalle leggi “religiose”, e non liberato dall’amore di Gesù, dalla misericordia del Padre. Ricordo: “religio” indica un essere “rilegato” nello scrupolo, lontano dallo Spirito d’Amore.

11.04.19