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Pari opportunità

E’ decantata la pari opportunità: uomo e donna, pur non essendo uguali per costituzione naturali (almeno così sembra, anche senza le sentenze incrociate del ginecologo e dell’andrologo), devono tuttavia, per legge umana godere di pari opportunità sociale.

E’ vero che una volta il maschio usciva per il lavoro, e la donna era la “regina della casa”, un regno dai confini ristretti. Pio X, da buon veneto lepido, raccomandava ai giovani di scegliere una donna “che te piasa, che la tasa, che la staga in casa”. E la prerogativa di una donna valida era che brillasse perché “tutta casa e chiesa”. I maschi quindi al lavoro e le femmine in chiesa.

Oggi, con le pari opportunità, le donne escono di casa per il lavoro, lavorano in casa e - almeno una discreta parte di esse - continuano a frequentare la chiesa. Gli uomini, convogliati anch’essi nelle pari opportunità, vanno al lavoro, alcuni già si  adattano al lavoro in casa, ma di recarsi in chiesa non tutti se la sentono. La chiesa è frequentata da donne e da qualche uomo. Come si vede, neppure in chiesa (e dalla gerarchia ecclesiastica) è ancora recepita e vissuta la pari opportunità.

Credo sia utile ricordare che il, principio delle pari opportunità è stato enunciato circa venti secoli addietro.  Un certo responsabile nella cristianità, che rispondeva al nome di Paolo, aveva scritto che in Cristo non c’è né maschio né femmina”, perché lo Spirito Santo unificava tutti in Gesù. Gesù aveva dato esempio di pari opportunità nel credere e nel seguirlo. Infatti lo seguivano i suoi dodici e alcune donne, che assistevano Gesù e i suoi con i loro beni. Allora gli Apostoli frequentavano - poiché maschi - la sinagoga. Gesù, affinché tutti ricevessero egualmente il dono di Dio, preferiva annunciare la verità all’aperto, dove uomini e donne si trovavano.

GCM 18.07.12